Mugabe “il sanguinario”: beata ipocrisia..

Zimbabwean President Robert Mugabe at National Heroes Acre in Harare

Mugabe “il sanguinario”: beata ipocrisia..

 

Mi fa storcere il naso, per usare un eufemismo, notare fra “i grandi della Terra” che sfilano durante la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe.

Tronfio e fiero, classe 1924, Robert Mugabe è accusato di violazioni dei diritti umani e irregolarità elettorali.
Su di lui pesa il divieto di ingresso nel territorio dell’Unione Europea, ma il presidente è stato più di una volta, anche di recente, nello Stato del Vaticano, grazie ai Patti Lateranensi, che obbligano lo Stato Italiano a consentire il passaggio per chi si rechi nella Santa Sede.

Qualche appunto preso da vecchi articoli che “parlano di lui”:

Per i suoi sostenitori, Robert Mugabe è una sorta di eroe nazionale, capace di cacciare a più riprese gli odiati coloni bianchi in quella che fino a pochi anni fa si chiamava Rhodesia meridionale. Nato nel 1924, l’attuale presidente dello Zimbabwe frequenta le scuole missionarie e l’università sudafricana di Fort Hare. Dopo alcuni anni passati a insegnare, Mugabe torna in Rhodesia negli anni ’60, dove comincia la sua attività politica, ispirato dall’ideologia marxista. Inizialmente si aggrega al partito Zimbabwe African People’s Union (Zapu), guidato da Joshua Nkomo, per fondarne uno tutto suo, lo Zanu, pochi anni dopo.
Negli anni ’70, Mugabe è in Mozambico a coordinare una guerriglia contro il governo coloniale di Ian Smith, e contro il white rule, il dominio bianco. Dopo una lunga guerra civile Londra è costretta ad ammettere la sconfitta, e il 18 aprile del 1980 lo Zimbabwe è uno stato indipendente. L’eroe della resistenza diventa primo ministro e nel giro di qualche anno forma un partito con l’amico-rivale Nkomo, che si chiamerà Zanu Patriotic Front. Lo stesso che lo scorso 31 marzo sarebbe (il condizionale, è d’obbligo viste le irregolarità nelle elezioni) stato scelto dalla maggioranza degli elettori.
Dal 1987 Mugabe è presidente dello Zimbabwe, che nel frattempo sprofonda, anno dopo anno, in una crisi economica in cui si trova ancora oggi. L’ex professore e paladino della liberazione dal colonialismo punta molto sulla lotta all’analfabetismo: oggi il Paese ha il più alto tasso d’istruzione di tutto il continente africano. Ma l’economia ristagna, fame e povertà dilagano nelle campagne, la disoccupazione è padrona delle città e il malcontento cresce. Gli oppositori vengono picchiati, rinchiusi in carcere, torturati, uccisi o condannati all’esilio. I giornali troppo critici verso il governo vengono chiusi, gli attivisti per i diritti umani perseguitati.

Guerra ai white farmers. Mugabe è sempre lì: amato, odiato, ma soprattutto temuto. Fa promulgare leggi contro gli omosessuali e limita la libertà di stampa, minaccia le comunità dissidenti nelle aree rurali di lasciarle morire di fame. E nel 2000, in piena crisi economica, decide che ne ha abbastanza dei quasi 80mila discendenti dei coloni bianchi proprietari, come in diverse zone dell’Africa meridionale, di vasti terreni a discapito dei neri, spesso costretti a cercare lavoro come semplici braccianti. Il presidente chiama a raccolta veterani di guerra, giovani aitanti e criminali comuni, generalmente impiegati per minacciare o far sparire i dissidenti, e li lancia verso le campagne. Nel giro di pochi mesi la maggior parte dei proprietari terrieri bianchi viene cacciata con la forza e le terre vengono ridistribuite. Ma non al popolo, bensì agli amici intimi o ai soci in affari del presidente.

Elezioni nel sangue. Nel 2002 lo Zimbabwe torna alle urne per scegliersi un presidente. Ma Mugabe è pronto a tutto, pur di essere rieletto: bande di giovani sostenitori dello Zanu Pf seminano il terrore tra gli abitanti della capitale Harare e delle province di tutto il Paese. I sostenitori del giovane partito Mdc, nato tre anni prima, subiscono una lunga serie di soprusi, denunciati a più riprese dalle organizzazioni internazionali. Lo Zimbabwe viene allontanato dal Commonwealth e fioccano le sanzioni. Ma Mugabe resta dov’è, padre-padrone di un Paese sempre più isolato e povero che nel gennaio di quest’anno gli Stati Uniti hanno incluso nella lista nera degli ‘avamposti della tirannia’. Ora, con la possibilità di cambiare la costituzione, Mugabe potrebbe diventare ancora più forte di prima. All’opposizione, fiaccata e indebolita dalla politica aggressiva del presidente, non resta che rassegnarsi. Forse, data l’età, l’unico a poter fermare Mugabe è il tempo.

 

( http://it.peacereporter.net/articolo/2069/ )

 
Il gran numero di centenari è solo una delle tante stranezze. Secondo le liste elettorali, 63 distretti hanno più elettori che abitanti. E nelle roccaforti rurali del partito di Mugabe, lo Zimbabwe African National Union-Fronte Patriottico (ZANU-PF), c’è stato un aumento miracoloso di elettori…
Più di un milione di persone iscritte sulle liste elettorali sono morte o si sono allontanate. E 1,9 milioni di cittadini sotto i 30 anni non sono stati ancora inclusi nelle liste, secondo gli esperti della Research and Advocacy Unit che hanno analizzato le liste elettorali.

 
( http://vociglobali.it/2013/08/21/mugabe-il-dittatore-approvato-da-15-paesi-africani-2/ )

 
Le organizzazioni per i diritti umani denunciano da anni i reati di cui si sarebbe macchiato Mugabe: la persecuzione e la tortura degli avversari politici e delle minoranze (perlopiù i bianchi e gli Ndebele), le violenze sistematiche, l’esproprio forzato dei beni e dei possedimenti terrieri, i brogli elettorali e l’appropriazione a scopo personale degli aiuti internazionali alle popolazioni del paese.
I detrattori di Mugabe definiscono la sua presidenza come un “Regno del terrore”, nonché come un “pessimo esempio” per il continente africano. Solidale agli scioperi generali dell’aprile del 2007 indetti dal ZCTU (Zimbabwe Congress of Trade Unions, Congresso dei Sindacati dello Zimbabwe), il segretario generale della Trades Union Congress, Brendan Barber, ha riferito a proposito del regime di Mugabe: ‘Gli abitanti dello Zimbabwe stanno soffrendo a causa della corruzione, delle brutali repressioni e dell’incredibile malgestione dell’economia da parte di Mugabe. Stanno lottando per i propri diritti, e noi dobbiamo lottare con loro.’ Un discorso simile è stato pronunciato da Lela Kogbara, presidentessa dell’ACTSA (Action for Southern Africa): ‘Come in ogni regime oppressivo, le donne e i lavoratori sono abbandonati a sé stessi. Per favore, unitevi a noi mentre affermiamo solidarietà al popolo dello Zimbabwe nella loro lotta per pace, giustizia e libertà’.
In risposta alla critiche rivolte a Mugabe, l’ex politico dello Zambia Kenneth Kaunda ha sostenuto che la causa dei problemi dello Zimbabwe non stia nella presidenza di Mugabe, ma nella lunga storia dei governi britannici.
Nel giugno 2007 ha scritto che “i politici occidentali dicono che Mugabe è un demone, che ha distrutto lo Zimbabwe e che deve essere tolto di mezzo; ma questa demonizzazione è fatta da persone che non comprendono quello che Robert Gabriel Mugabe e i combattenti per la libertà hanno dovuto sopportare. Allo stesso modo, il presidente senegalese Abdoulaye Wade ha risposto a queste critiche dicendo che i problemi dello Zimbabwe sono un’eredità del colonialismo.

( http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Mugabe )

 
Anticolonialista?
Eroe o emerita testa di cazzo?

Ai posteri l’ardua sentenza..

Era a Roma dinanzi al buon Papa Francesco, due Avemaria e qualche Atto di dolore ed è tutto a posto..

Amen!

 

 

Il Disobbediente1 – © 27.04.2014