La Corte di Cassazione con la sentenza n.66/2015 ha specificato che è da considerarsi un lavoratore subordinato colui che svolge il proprio lavoro con un orario fisso settimanale e percepisce una retribuzione mensile.
Se il contratto stipulato è co.co.pro. ma vengono imposti orari di lavoro fissi per 5 giorni a settimana e dietro compenso mensile il contratto deve essere convertito in un contratto di lavoro almeno a tempo determinato, poiché il lavoratore deve essere considerato come un lavoratore subordinato a tutti gli effetti.
Secondo il rapporto ISTAT
Il settore, identificato dal codice di attività economica 822 (secondo la
classificazione Ateco2007), relativo alle “Attività dei call center” ha avuto
negli ultimi dieci anni un rapido sviluppo. Basti pensare che nel 2003 il
comparto contava 935 imprese con circa 12.800 addetti e nel 2007 si è
arrivati a 1.500 imprese e poco meno di 32 mila addetti. Il 2008 segna
un’ulteriore rilevante espansione del settore in termini di addetti –
imputabile in gran parte ai rilevanti processi di stabilizzazione del perso nale
esterno.
Nel corso della crisi economica, lo sviluppo del settore ha conosciuto una
battuta d’arresto solo parziale. In termini di addetti – aggregato che esclude
il personale esterno di cui si parlerà più avanti – nel 2012 il settore ha visto
aumentare del 12% circa l’occupazione rispetto al 2008, giungendo a circa 51
mila addetti.
[…] rilevante presenza di personale esterno, ovvero collaboratori a progetto e
occasionali: nel 2011, la quota di lavoratori esterni sul totale delle persone
occupate (lavoro interno + esterno) nei call center sfiorava il 40% a fronte di
un valore pari ad appena il 5% per l’insieme dei servizi alle imprese.
Similmente, anche il ricorso al lavoro somministrato (interinale) è assai più
elevato nei call center (circa il 6% degli occupati rispetto a meno del 2% per il
comparto di riferimento). Il settore si caratterizza, quindi, per un utilizzo
diffuso di forme contrattuali flessibili.
Il Censimento del 2011 ha introdotto innovazioni di definizione, identificazione e misura
dell’occupazione sia con riferimento agli addetti delle imprese (indipendenti
e dipendenti), sia rispetto alla componente esterna ed a quella temporanea
(interinale) dell’occupazione, che consentono di tracciare un quadro
dettagliato del personale impiegato nei diversi settori produttivi,
identificandone caratteristiche sia contrattuali sia personali.
Nel 2011 nel settore dei call center lavoravano oltre 80 mila individui. Come
si è visto in precedenza, circa 51 mila di questi rappresentano gli addetti alle
imprese (indipendenti e dipendenti “interni” all’impresa); quasi 31 mila sono
invece lavoratori esterni (circa 26 mila) o temporanei (circa 4 mila). Di
conseguenza, l’incidenza del lavoro interno all’impresa sull’occupazione
complessiva è relativamente bassa: la quota di addetti dipendenti sul totale
dell’occupazione (interna ed esterna) si ferma infatti al 60%, contro il 92% del
comparto di riferimento. Nel Mezzogiorno la percentuale di lavoro
dipendente interno scende al 48% e corrispondentemente è più elevata
quella di personale esterno o interinale.
[…]
Per chi volesse leggere l’intero rapporto Istat:
Per farla breve: solitamente le aziende dei Call Center usano contratti burla (i signori giuristi e politici non me ne vogliano, loro direbbero flessibilità lavorativa) tra i più svariati e possibili poi chiedendo il rispetto di un orario giornaliero, la presenza lavorativa durante le feste comandate e via scrivendo.
Oplà interviene la Corte di Cassazione, e ora?
E ora l’esercito degli operatori dei call center con contratto burla ha dalla sua tutte le ragioni (se mai ce ne fosse stato necessità di altre..) per tutelarsi e per far valere il proprio diritto di lavoratore subordinato.
Mie care aziende, si è lavoratori non carne da macello..
Il Disobbediente1 – © 14.01.2015